Two is better than one

marzo 5, 2007

due locomotive? doppia potenza!


IT TAKES A TRAIN TO CRY

marzo 3, 2007

Andrà (moi ennepe musa) mai a segno un progetto che si basa sulle fragili promesse (da marinaio, che coerenza) di trenitalia?

Inizio questo post come l’Odissea, non tanto per tirarmela (secondo voi so come continua?o cosa vuol dire?), ma per sottolineare il parallelismo mai troppo consunto tra il viaggiatore epico Ulisse e il povero utente delle Ferrovie dello Stato, costretto ad affrontare contrattempi che in confronto Scilla e Cariddi sono amabili bestiole. Anche perché mica abbiamo dieci anni a disposizione per tornare a casa, noi. Non c’è Penelope che tesse aspettandoci, e spesso non c’è neanche la cena nel microonde per i ritardatari.

Comincio dal principio

Chiamatemi Ismaele. “Ismaeeeleeeeee…c’è la lux che ti vuole!! Arriva subito”. Ok grazie.

Ora che ci siamo tutti, posso cominciare davvero.

C’è un treno che parte alle 7:18, e uno che parte alle 7:06. Dopo una nottata di studio per l’esame di Letteratura Italiana ho ritenuto, la mattina del 23/02, di potermi permettere quei venti minuti di sonno in più e prender quello dei 18. ERRORE!!

Dopo pochi minuti d’attesa l’altoparlante annuncia con rammarico di routine il ritardo del treno. 15 minuti. Tiro giù un santo, probabilmente S.Antantonio, e faccio un paio di calcoli su che autobus prendere una volta a Padova per non tardare all’appello. Dunque se corro e prendo il diretto piazze dei cinquant…dlin-dlon! Non arriverai mai, il tuo treno è in ritardo di mezz’ora! POSSANO I TUOI NATI TORCERE IL VISO DA TE! Ah sì? Bè allora lo sopprimo! Tiè!

Resto basita: Trenitalia, fedele come Polifemo al principio dell’”occhio per occhio” mi ha fregata. Il prossimo treno sarà fra ere geologiche. E arriverà dopo l’estinzione delle zanzare tigre! In più mi trovo alla stazione di Porta Vescovo, dalla quale passano solo regionali. Telefono a casa, ma ovviamente devono andare a lavorare, e ben lontano da Padova. Chiamo tutti quelli che vivono nella patavina city, ma nessuno è sveglio a quell’ora, ovviamente, tranne una, che però sta giusto facendo colazione a casa sua. A Verona. Chiamo Damiano, il quale però ha la macchina rotta, precisione della sfiga…passa un treno per Porta Nuova, lo prendo al flai sperando che l’intercity delle 8.38 sia miracolosamente veloce. Ivi giunta, è chiaro che è un improperi-day. Appena sotto i gradini del binario ci sono dei giovin signori in tuta fluorescente che vogliono controllare i nostri biglietti. Che carini! Peccato che io da Verona PV a Verona PN (1,20 euro, ma vi sembra possibile?) non ce l’abbia, e che quest’euroeventi potrebbe costarmene 25 (si avvisa la gentile clientela che viaggiare senza biglietto può costare caro). Attendo sul binario mentre mio padre si offre d’accompagnarmi, ma è tardi per l’auto. Le tutine se ne vanno, scendo e volo a farmi il supplemento e il biglietto fino a Pvescovo. Mancano tre minuti alla partenza di questo bellissimo Eurostar. EUROSTAR? Ma io ho il supplemento Intercity! Quei pochi sparuti santi ancora caparbiamente aggrappati alle loro nuvolette (come Goku) crollano come d’autunno sugli alberi le foglie durante una grandinata estiva (noncisonopiùlemezzestagioni). Torno indietro, mi fingo la mascotte della stazione e faccio un balletto patetico per sviare l’attenzione dalla mia avanzata furtiva verso la biglietteria saltando la fila. Tutti mi seguono facendo il trenino dell’amore, li porto fino al binario 8, li abbandono lì e torno correndo per cambiare il supplemento prima che si accumuli altra coda (purtroppo non saprei come sviarla, ho disimparato la macarena e il ballo di simone).
La Signora dei Biglietti invece di scagliare la timbratrice nel Monte Fato mi chiede a che sportello ho fatto il detto supplemento. Non ci sono segnati i numeri, suvvia, si muova che perdo il treno! La tizia sembra afferrare il concetto, anche se mormora numeri tra sé e sé. Solo dopo scopro che era il sovrapprezzo (sei euro. L’Eurostar si chiama così perché è fatto con monete fuse). Pago, corro, salgo, arrivo praticamente a SBonifacio a piedi, percorrendo il treno in lunghezza, alla ricerca del mio posto. Mi siedo e mi ricordo che mi devo angosciare per l’esame. Intanto Daniele a 80 km di distanza accende il telefono e lo prego di andare a dire il mio nome all’appello. Il Gran Turchetti e grande amico mi assicura il suo sostegno. Solo in quel momento mi ricordo di non saper distinguere Guittone D’Arezzo da Pascoli. E mi rendo conto che le mie energie sembrano appena uscite da un week end dell’azione cattolica con babysitteraggio e animazione bimbi inclusi. Arrivata a chiedo a tutti i passanti se davvero è Padova quella lì o è Trieste, che magari ho pure sbagliato treno. Ma dall’accento vicentino imperante e dall’assenza del mare (a meno che non abbia sempre sottovalutato il Piovego) mi rendo conto: sono finalmente giunta alla meta.

Alright hold tight
I’m in Eurostar!


Come portare una bici a Padova

marzo 1, 2007

1) Procurati una bici. Possibilmente vecchia, brutta, graziella, Maria Luigia, oppure comprata alle Corti Venete. Insomma, deve essere un catorcio. A Padova le bici hanno vita breve, infatti.

2) Se sapevi quali erano i treni abilitati al trasporto bici, dimenticalo. E’ molto meglio passare la notte prima con il dubbio, assillati da incubi in cui il proprio alter ego si aggira per la stazione domandando mestamente: “niente posto bici qui? niente toilette? Nessuno pare saperlo . A quel punto, splendido nella sua massa arancione comparirebbe salvatore un magnifico autobus, suadente risuonerebbe il motto che gli avi e l’avis ci hanno tramandato: “prendi l’autobus. A conti fatti, arrivi prima”.

3) Appurato che solo di un sogno si trattava, pedala con la forza che ti permettono le tue gambe mollicce fino alla stazione di Porta Nuova (perchè a Porta Vescovo è un casino caricare bici), paga il supplemento bici e domanda dove si trova la carrozza biciclette. “Sempre in testa al treno” dice convinto il funzionario delle FS nella sua giacchetta verde e nei suoi baffi, verdi anche quelli. Ma perchè soprattutto proprio quel colore? Perchè non lillà, viola, beige, stracciatella o color puffo? Nessuno pare saperlo (e 2). E allora via, via al binario 4, pedala fino alla fine della banchina, avanti avanti, in modo da salire sulla carozza giusta.

4) Arriva il treno. E’ puntuale!!! Pensi di accendere un santino per Trenitalia. Come non detto. Non c’è nessuna carrozza bici. Ecco un altro uomo in giacchetta verde, anche lui con i baffi (non verdì però). Dov’è la carrozza bici porcocane? E’ un fine filosofo, un maestro di dialettica, un Eraclito in maglietta verde (e se Trenitalia fosse leghista?): “Se non l’è qua, l’è in fondo al treno”. Raggiungi il fondo del treno (treno che è lunghissimo…uff sempre a parlare di dimensioni!) pedalando ai 30 all’ora fra la gente che scende e investendo nell’ordine una suora, una panchina, un barbone di sesso confuso e un altro omino in giacchetta verde, sali sul treno, pulisci il parafango ormai divenuto verde della tua bici, appendila al gancio e siediti sulla prima carrozza che trovi.

5) Nella tua carrozza dormono tutti. Eppure sono le 9 e 15 di mattina! Vicino a te dormono tre tipe molto fighe. Ad alta voce pensi :”Abuso di loro?”. No no, signorina che ha capito. Dicevo “a-buso” di loro. Sì sono veronese sa, vuol dire “Molto” di loro. Genitivo possessivo..ma non era ablativo? . Bah che teghe!

6) Le tipe si svegliano. Sono spagnole. Uhh che fighe che cosa carina! Tanta ansia per niente.

7) Le tipe iniziano a litigare fra loro e una scoppia a piangere. Nel frattempo, nell’ordine, passano: a) un’intera scolaresca milanese che voleva vedere il raro spettacolo naturale della fine del treno (“guardaaaa, è l’ultima carrozzaaa, che sketchh, uesh!“) b) una tipa isterica che se la stava facendo addosso e cercava un bagno, e invece ha trovato la mia bici. Per fortuna non si è accontentata. c) una suora, senza alcun perchè, ma alquanto scocciante comunque. d) il controllore, anche lui nella sua giacchetta verde, che mi prende per il culo perchè il mio biglietto è obliterato male.

8 ) Le tipe ti guardano ridendo e tu scendi con la bici in mano alla Grande Stazione di Padova. Anche oggi sarà una giornata di merda. Ma almeno per qualche ora non vedrai più omini verdi. Evvai!


Trenitalia Iacta Est

febbraio 28, 2007

Ecco 10 buoni motivi per leggere questo blog:

  • 1-> ….?
  • 6-> siamo tutti sulla stessa barca. Affondaaa! Per forza, è un treno!
  • 85-> un uomo entra in un treno. splash.
  • 10-> ora del decesso: 8 e 35.

Bene, ora che ci siamo capiti, intendiamo senza alcun dubbio mostrare le finalità della nostra azione, però prima dovevamo ben illustrare le motivazioni che a tali finalità ci spingono.

La natura umana è da sempre caratterizzata dalla spinta verso il viaggio e dal desiderio di conoscenza, vedi Ulisse, Faust, Frodo, il Gugo, Costa Crociere, il Sapientino e le caramelle all’arancia rossa. Queste tensioni innate alla natura umana trovano realizzazioni diverse, a seconda dell’indole e delle possibilità di ognuno: c’è chi sta a casa viaggiando con la mente (vedi Joyce, o Giorgio), c’è chi prende la nave e naviga sul mare, c’è chi prende il computer e naviga in Internet, c’è chi prende l’aereo e naviga (chiedendosi a questo punto il perchè) e c’è infine chi prende il treno e sta fermo, chiedendosi perchè non è rimasto a casa.

Come dice il saggio “Il treno regionale delle ore 7.06 proveniente da Verona Porta Nuova e diretto a Venezia Santa Lucia è in ritardo, è guasto, è stato soppresso, è stato schiacciato, è stato ridotto ad un cubo di 2 metri per 3 che ora staziona nella vostra cantina. Trenitalia ringrazia per la gentile collaborazione”.

Quanto alle finalità, si tratta soprattutto della comprensione profonda della nostra essenza di “homo viator”, e senza i biglietti. E quindi del senso della nostra vita, del senso di marcia non sempre chiaro e del senso di nausea che puntualmente ci assale, sopprattutto se andiamo indietro. Come la navicella di Ulisse è risucchiata nel gorgo per aver osate varcare le Colonne d’Ercole, così la nostra tracotanza nel proseguire oltre Vicenza viene duramente punita dalla divina Provvidenza, evidentemente sita a Grisignano Zocco. Ogni volta 20 minuti. Porco Cane. Tantum religio potuit suadere malorum. (Leggi: religio=trenitalia, malorum=quanto scriveremo su questo blog, suadere=ma dove cazzo ci va l’accento?)

E, adesso, la lezione…è terminata. (cit)

I DUE ADMINS DI “CRISYTRAIN”

FAB & LUX